WahooArt.com: Andrea Del Sarto | 55 Dipinti Andrea Del Sarto | Dipinti Andrea Del Sarto

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Andrea Del Sarto



Andrea del Sarto - pseudonimo di Andrea d'Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore Vannucchi (Firenze, 16 luglio 1486 – Firenze, 21 gennaio 1530) è stato un pittore italiano.« s'egli fu d'animo basso nelle azzioni della vita, cercando contentarsi, piacendoli il comerzio delle donne, egli per questo non è che nell'arte non fusse e d'ingegno elevato e speditissimo e pratico in ogni lavoro; avendo con le opere sue, oltra l'ornamento ch'elle fanno a' luoghi dove elle sono, fatto grandissimo giovamento a' suoi artefici nella maniera, nel disegno e nel colorito, con manco errori ch'altro pittore fiorentino, per avere inteso benissimo l'ombre et i lumi e lo sfuggire le cose nelli scuri, dipinte con una dolcezza molto viva, oltra lo aver mostro il modo de 'l lavorare in fresco, con quella unione e senza ritoccar troppo a secco che fa parere fatta l'opera sua tutta in un medesmo giorno »(Giorgio Vasari, Le Vite, 1550)

Biografia 

Figlio del sarto Agnolo di Francesco di Luca Vannucchi e di Costanza di Silvestro, anch'ella figlia di un sarto, a sette anni è apprendista di un orafo e di qui passa nella bottega di un tal pittore Gian Barile il quale, visti i suoi notevoli progressi, lo affidò alla bottega di Piero di Cosimo.Narra il Vasari, la principale fonte sulla vita di Andrea, che egli andava a Palazzo Vecchio «dove era il cartone di Michelangelo Buonarroti [La battaglia di Cascina] e quello di Lionardo da Vinci [La battaglia di Anghiari]. Et ancora che egli ci fussino disegnatori assai, e terrazzani e forestieri, Andrea vi disegnò a paragone di molti quantunque egli fusse giovanetto. Era fra gli altri disegnatori in questo luogo il Francia Bigio pittore, il qual era persona molto buona che, visto il modo del disegnare di Andrea, prese con esso strettissima pratica. E cosí conferitisi l'animo l'un de l'altro Andrea disse che per la stranezza di Piero che era già vecchio, non lo poteva più sopportare e che voleva torre stanza da sé. Il Francia ancor egli ne aveva di bisogno, avendo Mariotto Albertinelli suo maestro abbandonato l'arte della pittura. E cosí fatto comune la volontà per venire da qualcosa nel mestiero, l'uno e l'altro tolsero alla piazza del Grano una stanza, e quivi ciascuno lavorando, condussero molte opere insieme».


Iscritto all'Arte dei Medici e degli Speziali il 12 dicembre 1508, di quell'anno sono le prime opere, che s'ispirano direttamente ai pittori a lui e all'amico Francesco Franciabigio più familiari, Fra' Bartolomeo e l'Albertinelli, unitamente allo studio di Raffaello: una Pietà della Galleria Borghese ha richiami a Fra' Bartolomeo e la Madonna col Bambino di Palazzo Barberini aggiunge la sfuggente morbidezza di Leonardo; un'altra Madonna col Bambino, del 1509, aggiunge alla solidità strutturale delle composizioni di Raffaello una maggiore scioltezza e cordialità di rappresentazione.
Fu maestro, fra gli altri, di Giovanni Antonio Sogliani, che fu suo fidato collaboratore per più di 25 anni.


I frati del convento della SS Annunziata, per completare gli affreschi iniziati nel 1460 da Alessio Baldovinetti e proseguiti poi da Cosimo Rosselli, che non li completò, affidano nel 1509 ad Andrea cinque Storie di miracoli di san Filippo Benizzi, ultimati l'anno successivo: «la prima, quando San Filippo già frate riveste quello ignudo, e l'altra, quando egli, sgridando alcuni giucatori che bestemmiavano Dio et uccellavano San Filippo del suo ammunirgli, viene in un tempo una saetta da 'l cielo, e dato sopra un albero dove eglino stavano sotto a l'ombra, ne uccide due, e gli altri, chi con le mani alla testa, sbalorditi si gettano innanzi, altri si mettono in fuga gridando...La terza fece quando San Filippo cava lo spirito da dosso a una femmina...In una faccia quando San Filippo è nella bara morto, et intorno è suoi frati lo piangono, aggiuntovi un putto morto anch'egli, che nel farli toccare la bara dove è San Filippo, risuscita...seguitò l'ultima...dove egli figurò quando i frati mettono le veste di San Filippo in capo a i fanciulli, dove ritrasse Andrea della Robbia scultore molto pratico, che è un vecchio che vien chinato vestito di rosso con una mazza in mano, e similmente vi ritrasse Luca suo figliuolo, cosí nell'altra già detta dove è morto San Filippo ritrasse Girolamo figliuol d'Andrea scultore allora suo amicissimo, il qual è oggi in Francia, tenuto molto valente nella scultura».


Si comprende già dalla descrizione del Vasari il gusto del racconto che anima gli affreschi, quale poteva essere negli affreschi del Ghirlandaio nelle chiese di Santa Trinita e di Santa Maria Novella, ma rinnovati nel linguaggio, che mostra interesse verso le atmosfere leonardesche, e con ritmo più mosso e irrequieto.


È ora agli Uffizi, datata al 1510, la tavola "...di Cristo quando in forma d'ortolano apparisce a Maria Magdalena, e di colorito condusse tutta quell'opera, con una morbidezza molto unitamente e dolce per tutto".


È considerato probabile un suo viaggio a Roma nel 1510, che gli avrebbe permesso la conoscenza degli sviluppi pittorici di Raffaello, utilizzata nel Corteo dei Magi del 1511 e poi nella Natività della Vergine del 1514 nello stesso chiostrino della SS Annunziata. Qui il suo sciolto linguaggio formale, di una serenità narrativa quattrocentesca, si arricchisce delle sfumate atmosfere e degli stilismi che sono propri, rispettivamente, di Leonardo e Raffaello.


Il grande numero di disegni del periodo successivo, che hanno fatto la fama di Andrea disegnatore, lo rivelano attento alla lezione michelangiolesca, all'individuazione dell'immagine plastica, come nella Madonna col Bambino e san Giovannino della Borghese, unitamente agli scorci ricercati del volto del Bambino e del braccio teso di Giovanni, rappresentati in un dinamismo frenetico accentuato dall'intonazione fredda dei colori

Nel 1514 inizia gli affreschi monocromi del chiostro dello Scalzo a Firenze, che completerà, con molte interruzioni, nel 1526: una lunga esperienza che attraversa quasi tutta la sua opera.
Se la monocromia trasmette una raffigurazione concepita come un bassorilievo, anche la Madonna delle arpie degli Uffizi, del 1517, che pure ha evidenti riferimenti a Fra' Bartolomeo, richiama l'immagine di una scultura. In una nicchia, in una calda penombra, La Madonna appare come statua sopra un piedistallo: «Il colore è come portato dalla luce, aderisce appena ai corpi. Traspare infatti il grigio della pietra e su questa tonalità di fondo si stendono velature diafane, che accompagnano la variazione chiaroscurale con un lieve mutare della tinta, come per una diversa rifrazione della luce» (Argan). Recenti studi sull'opera da parte di Andrea Natali (1984) hanno portato ad un riconoscimento delle arpie del basamento su cui poggia la Vergine come le cavallette descritte da San Giovanni (non a caso rappresentato a destra) nell'Apocalisse.


Alla fine del 1517 o ai primi del 1518 sposa Lucrezia del Fede, vedova dal settembre 1516 di Carlo di Domenico Berrettaio: «Era in quel tempo in via di S. Gallo maritata una bellissima giovane a un berrettaio, la quale teneva seco non meno l'alterezza e la superbia, ancor che fussi nata di povero e vizioso padre, ch'ella fossi piacevolissima e vaga d'essere volentieri intrattenuta e vagheggiata d'altrui. Fra i quali de l'amor suo invaghì il povero Andrea, il quale dal tormento del troppo amarla aveva abbandonato gli studii de l'arte et in gran parte gli aiuti del padre e della madre. Ora nacque ch'una gravissima e subita malattia venne al marito di lei, né si levò del letto che si morì di quella. Né bisognò ad Andrea altra occasione, perché senza consiglio di amici, non risguardando alla virtù dell'arte, né alla bellezza dell'ingegno, né al grado che egli avesse acquistato con tante fatiche, senza far motto a nessuno, prese per sua donna la Lucrezia di Baccio del Fede, che cosí aveva nome la giovane, parendoli che le sue bellezze lo meritassero e stimando molto più l'appetito de l'animo che la gloria e l'onore per il quale aveva già caminato tanta via... E non solo questa cosa fu cagione di travagliar l'animo d'altri suoi domestici, ma in poco tempo ancor la pace di lui che, divenutone geloso e capitato a mani di persona sagace atta a rivenderlo mille volte e fargli supportare ogni cosa, che datoli il tossico delle amorose lusinghe, egli né più qua né più là faceva ch'essa voleva. Et abandonato del tutto que' miseri e poveri vecchi, tolse ad aiutare le sorelle et il padre di lei in cambio di quegli».

Si dedica sporadicamente al ritratto - un genere estraneo alla disposizione di Andrea, volta all'articolazione complessa della figurazione; nel Ritratto di donna del Prado si è visto il ritratto della moglie e nel cosiddetto Ritratto di scultore di Londra vi è chi vuole riconoscere l'amico Jacopo Sansovino, a Firenze negli anni 1517 - 1518, o anche Baccio Bandinelli.


È ancora di questo periodo la Disputa della Trinità di Palazzo Pitti, «ove Andrea fece quattro figure ritte, che disputano de la Trinità. Le quali son questi: Santo Agostino, con una aria africana, con veemenzia che si muove in abito di vescovo parato verso un San Pier Martire, il quale tiene un libro aperto, con una aria fieramente terribile, la qual testa e figura è molto lodata; allato a questo è un San Francesco, che con una mano tiene un libro e l'altra si pone al petto, et esprime con la bocca aperta una certa caldezza di fervore, che par ch'egli si strugga in quel ragionamento; èvvi un San Lorenzo che ascolta, e come giovane par che ceda alle auttorità di coloro. Fecevi ginocchioni due figure, una è Maria Magdalena con bellissimi panni, ritratta la moglie; perciò ch'egli non faceva aria di femmine in nessun luogo, che da lei non la ritraessi, e se pur avveniva che d'altri la togliessi, per l'uso del continuo vederla e dal tanto averla designata le dava quell'aria, non possendo far altro.


L'altra figura fu un San Bastiano, il quale ignudo mostra le schiene, che non dipinte, ma di carne vivissime paiono. E certamente questa fra tante opere, fu da gli artefici tenuta a olio la migliore. Con ciò sia che si vede in quella una grandissima osservanzia de le misure delle figure et un modo molto ordinato e proprio nell'arie delle teste, dando dolcezza alli giovani e crudezza alli vecchi, e mescolato de l'una e dell'altra in quelle di mezza età, oltra che i panni e le mani erano oltra modo bellissime...»


Dopo il maggio 1518 parte per la Francia, invitato da Francesco I, per il quale aveva già fatto a Firenze la Madonna col Bambino, santa Elisabetta e san Giovannino del Louvre e ora farà, oltre a opere perdute, la Carità, anch'essa al Louvre, firmata e datata 1518. La tela con la virtù teologale, accompagnata dai tradizionali bambini di cui si prende cura, e dalla melagrana in primo piano, se è tipica della cultura fiorentina del tempo, con la costruzione a piramide e il plasticismo figurativo, ha una qualità pittorica gessosa, segno di una crisi che i contemporanei Rosso Fiorentino e Pontormo indirizzeranno nelle deformazioni manieristiche, mentre Andrea, esaurita la spinta creativa, si volge alla rielaborazione di vecchi motivi, affidati spesso alla bottega.


Ritorna a Firenze nel 1520 promettendo, secondo il Vasari, un pronto ritorno che tuttavia non manterrà: «Andrea fece in un quadro una mezza figura ignuda di San Giovan Batista ch'è molto bella, la quale gli fu fatta fare da Giovan Maria Benintendi, oggi appresso di lui. Mentre le cose sue succedevano in questa maniera, ricordatosi alcuna volta delle cose di Francia, sospirava grandemente; e s'egli avessi pensato di potere avere perdono de 'l fallo commesso, non è dubbio ch'egli vi sarebbe con ogni suo sforzo ritornato».


Rinnova le tradizionali immagini delle Pietà fiorentine nelle composizioni di Vienna e di Palazzo Pitti, dipinta quest'ultima per le monache di San Piero a Luco, nel Mugello, dove Andrea si era rifugiato nel 1523 per sfuggire all'epidemia della peste e ispirata alla Pietà di Fra' Bartolomeo.


Nella Madonna col Bambino, un angelo e un santo di Madrid, chiamata tradizionalmente Madonna della Scala, la cura del pittore si volge alla definizione di un sempre maggiore rigore compositivo: pur riaffermando gli effetti di monumentalità compositiva, esprime nelle figure una sostanziale naturalezza.

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